L’attaccante biancorosso relegato in panchina dalla partita contro la Ternana e quel gesto di stizza che ebbe nel momento della sostituzione

Quest’anno ha messo insieme solo cento minuti in tre partite, di cui una sola da titolare, e andando a segno in una sola occasione. I tempi in cui Simone Simeri era l’eroe del Bari sembrano ormai lontani. L’infortunio rimediato in occasione della finale playoff della scorsa stagione contro la Reggiana, le ricadute e la rigidità tattica di Gaetano Auteri, poi, hanno frenato drasticamente il suo impiego in squadra e la sua serenità.

Sì perché il suo nervosismo, sul fatto di non giocare, di non essersi ancora del tutto ripreso e di non essere riuscito a cogliere le poche occasioni che il tecnico siciliano gli ha offerto, è palpabile e manifesto. Lo si è visto quando al 54′ della gara contro la Ternana, il 15 novembre scorso, è stato richiamato in panchina con il giocatore napoletano che uscendo lentamente dal campo (con il Bari sotto di un gol) è andato direttamente verso la panchina borbottando. Da allora, nelle partite contro Casertana e Catanzaro Simeri non è stato più preso in considerazione

Simeri accusa in questo momento una mancanza di serenità che è simile a quella che l’attaccante provava all’inizio dello scorso campionato con Cornacchini ancora in panchina. Anche in quel periodo il suo utilizzo era centellinato e anche in quel periodo il suo nervosismo era più che palpabile. In questo Bari, però, c’è da dire che il suo apporto non sarebbe così scontato o da poco. La sua intesa con Antenucci in attacco ha dato prova di essere più che soddisfacente nello scorso campionato.

E su questo il tecnico siciliano potrebbe lavorare in un momento in cui il Bari ha bisogno di prendere il volo. Lui solo sa se Simeri è pronto per giocare ed essere utile alla squadra ma se così fosse, visto il passato recente dell’attaccante napoletano, più di un’altra chance la meriterebbe. Dall’altra parte il giocatore dovrebbe mettere da parte ogni orgoglio e desiderio personale e pensare solo ed esclusivamente al bene della squadra, abbassando la testa per lavorare sempre più sodo e convincere il tecnico a non poter far a meno di lui.