L’ex centrocampista biancorosso, compagno del neo tecnico per due stagioni in Puglia, applaude la scelta della società e riserva una tirata d’orecchie ai calciatori e alla precedente gestione tecnica
Nell’estate del 1989, il Bari si apprestava a prepararsi al prossimo campionato di serie A, conquistato dopo un’esaltante promozione. Di quella squadra che a fine stagione raggiunse una salvezza tranquilla, divertendo in diverse occasioni il pubblico del “Della Vittoria”, faceva parte anche Massimo Carrera, chiamato oggi a risollevare le sorti dei galletti, trent’anni dopo, nel delicato ruolo di allenatore. Quell’estate arrivarono dal Sud America tre rinforzi per Gaetano Salvemini: il difensore argentino Nestor Lorenzo (che giocherà la finale di Roma dei campionati mondiali del 1990), Joao Paulo e Gegè Gerson.
Gerson ricorda così quei tempi e soprattutto la tempra di Carrera: “In campo Massimo era spettacolare – racconta il brasiliano-. Sapere che c’erano lui e Giovanni Loseto dietro di noi, ci faceva stare tranquilli tutta la squadra. Era un calciatore eclettico, molto moderno per quei tempi. Sapeva marcare in maniera implacabile, prendere l’iniziativa, impostare e far male anche in area avversaria”.
Dal punto di vista caratteriale com’era trent’anni fa?
“Era un duro ma, allo stesso tempo, umile. In allenamento andava sempre a mille all’ora. Non mi sorprende che abbia iniziato ad allenare, era già portato all’epoca”.
Quale effetto ti ha fatto sapere che siederà sulla panchina del Bari?
“Mi ha riempito di gioia. Massimo è una persona squisita. Mancava una figura che conoscesse la piazza barese, che l’avesse vissuta giorno per giorno in passato. Mi auguro che possa dare quel che manca al Bari di oggi”.
Cioè?
“Molti giocatori non hanno capito cosa significa indossare la maglia biancorossa. Non c’entra la categoria, bisogna dare l’anima”.
Ecco spiegate le difficoltà degli ultimi tempi.
“Già. Per esempio, Cavese e Viterbese hanno fatto le loro oneste partite. Arrivano, giustamente, a giocare al San Nicola col coltello tra i denti. Ma il Bari dovrebbe essere ancora più aggressivo e azzannare subito questi avversari perché non esistono partite facili”.
È troppo esagerato dire che a questo Bari manchi il temperamento che altre squadre possiedono?
“Non voglio pensare che sia così. Probabilmente la cosiddetta “fame” dipende da un atteggiamento mentale. A volte basta uno sguardo, un contrasto deciso. Se il Bari abbassa la guardia, diventa sempre vulnerabile, anche contro chi è inferiore. La rosa è composta da calciatori di qualità e che ben conoscono la categoria. Però serve maggiore agonismo”.
Cosa non ha funzionato nella gestione Auteri?
“In alcune circostanze, il Bari è andato in difficoltà dal punto di vista tattico. E mai è stato operato alcun accorgimento, nell’arco del campionato o a partita in corso. Una squadra forte sa anche cambiare in funzione dell’avversario o del momento della gara”.
Che bella questa maglia
Ge GE era un grande e grande era quella squadra
mi sembra un commento azzeccato che bei tempi indimenticabili merito del troppo spesso vituperato matarrese che alla luce della storia del bari ha dato moltissimo alla città