Cambiano i suonatori ma la musica resta la stessa: non è servita l’ennesima rivoluzione apportata da Beppe Iachini per strappare via punti dall’insidiosa trasferta di Como. Al Sinigaglia erano soltanto in tre i superstiti rispetto alla gara interna contro la Cremonese (Pucino, Vicari e Maita): stravolto il reparto avanzato, ridisegnato il centrocampo, limata la difesa, cambiato persino il portiere e modificato l’impianto di gioco. Tutto inutile, il copione è rimasto tale e quale con un gol subito per tempo e la rete della bandiera firmata a pochi attimi dal fischio finale.

Nell’ultima gara si è vista un Como con precise identità e idea di gioco, capace di fare malissimo ai biancorossi a proprio piacimento. Le due reti in fotocopia incassate hanno a messo a nudo le carenze del reparto arretrato biancorosso, sempre più perforabile. Dall’altra parte l’orchestra messa in piedi da Iachini è apparsa sgangherata, senza capo e coda, con interpreti che vanno per conto proprio steccando e stonando ripetutamente. Risultati? Uomini adattati in ruoli non propri, errori individuali da matita blu, leggerezze difensive, indecisioni sotto porta, inconsistenza totale per larghissimi tratti di gara.

Appare perciò naturale lo scivolamento al quint’ultimo posto e non ci si può neanche appellare alla sfortuna per il successo in extremis della Ternana sul campo della Cremonese: le altre squadre giocano a calcio, il Bari no. La vana rivoluzione operata a Como è figlia della confusione che alberga da tempo nel club e nella gestione tecnica di una squadra sempre più alla deriva, al di là dei pessimi risultati ottenuti negli ultimi tempi.  Insomma, non c’è una cosa che sembra andare dritto nel Bari. O forse sì: è la strada che, a oggi, porterebbe a una meritata retrocessione in serie C.