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Pucino: “Polito l’unico ad aspettarmi quest’estate. Mignani? Ci lascia liberi, questo Bari lo rispecchia”

Il terzino biancorosso si racconta ai microfoni del club

Raffaele Pucino si racconta. Lo fa nel corso di un focus ai microfoni della società. Queste le sue parole:

IL GRUPPO E IL COVID – “Fino a un mesetto e mezzo fa ci riunivamo spesso in settimana facendo cene di squadra, era diventata una cosa che ci faceva star bene, ci divertivamo tanto. Poi, venuta nuovamente fuori l’emergenza Covid, siamo stati costretti a stare più attenti e a evitare il più possibile posti che ci possano esporre a questo maledetto virus”.

GLI ALTRI SPORT – “Il primo sport che ho praticato è stato il basket, ma ho subito capito che non era il mio sport. Poi ho provato il nuoto, obbligato da mia madre, ma anche quello è durato pochissimo, detestavo entrare in piscina”.

LO SPOGLIATOIO – “Di Cesare sulle prese in giro è il numero uno, a lui piace punzecchiarti con le parole non tanto con gli scherzi, ma lui sa che con me può farlo perché abbiamo un rapporto importante. Terranova? La nostra amicizia parte da lontano, quando eravamo entrambi a Sassuolo: quello per lui fu un anno particolare perché gli successero due cose molto brutte, l’infortunio al ginocchio e la scomparsa del papà; in quel periodo presi le valigie e andai per poco più di un mese a casa sua, in quei momenti bisogna stare vicino alle persone a cui vuoi bene, per me fu quasi un obbligo. Quelle sono cose che restano. Negli anni successivi abbiamo giocato diverse volte contro, quest’anno ci siamo ritrovati qui con un grande obiettivo comune. Sarei molto contento di poterlo ottenere al suo fianco”.

LA PRIMA CONOSCENZA CON POLITO – “Il direttore venne a Sassuolo nel mercato di gennaio come terzo portiere, ma posso assicurare che era tutto tranne che un terzo portiere: aveva la leadership di un giocatore importante, aveva carisma, ti trascinava dando valore a qualsiasi cosa”.

POLITO E L’ASCOLI – “Io stavo vivendo una parentesi poco felice ad Ascoli e gli dissi che sarei dovuto scappare da lì; poi ci fu l’esonero del vecchio allenatore, venne mister Sottil e scattò una scintilla, anche perché anche con lui avevo giocato insieme. Sia il direttore che il mister mi ritenevano un elemento importante, ho continuato a dare il meglio di me stesso giocando anche sotto punture e infiltrazioni, l’ho fatto pur sapendo che non mi sarebbe stato rinnovato il contratto. Se non mi fossi comportato così, il direttore non mi avrebbe rinnovato la fiducia quest’anno: nella vita comportarsi in un certo modo significa ancora qualcosa, soprattutto se trovi persone che credono in questi valori. E così, dopo tanti anni a buoni livelli in B, quest’estate ho trovato una sola persona ad aspettarmi, il direttore Polito”.

LE SCELTE DELLA SUA CARRIERA – “Ho fatto tutte le scelte con il supporto della mia famiglia senza mai pensare all’aspetto economico, anche se, quando cresci, a quest’ultimo aspetto inizi a darci più importanza. Quando firmai il primo contratto in Serie A con il Chievo non badai proprio ai soldi, pensavo solo a esaudire il mio sogno di giocare in A. Nella mia carriera non ho mai fatto nulla per farmi vedere da qualcuno, ho fatto sempre tutto per il bene della squadra”.

MIGNANI – “Ci sono allenatori che ti lasciano tanto a livello umano e altri che ti lasciano tanto a livello tecnico-tattico. Alcuni tecnici poi sono in grado di spostare gli equilibri ovunque vanno: il nome che mi viene in mente è quello di Conte, lui incide, chi lo prende lotti per vincere a prescindere. Questo Bari rispecchia quello che è il suo allenatore: Mignani è una persona pacata e molto decisa in quello che fa. E’ un bravo allenatore, conosce la forza della sua squadra, ci lascia liberi di esprimerci e ha equilibrio. Io difficilmente ho sentito il mister urlare o fare sfuriate, a meno che non ci vede in calo nell’allenamento come è successo in alcune circostanze; in quei casi è giusto che un allenatore, sempre con i giusti modi, si faccia sentire. Un buon tecnico non si deve comportare alla stessa maniera con tutti quanti, ma deve conoscere i caratteri dei singoli calciatori perché ciascuno ha bisogno di qualcosa di diverso”.

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