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Ingesson, cinque anni fa ci lasciava il gigante buono che aveva conquistato Bari

Si spegneva esattamente cinque anni fa uno dei giocatori simbolo del popolo biancorosso, lottatore in campo e nella vita

Il 29 ottobre 2014 ci lasciava Klas Ingesson, spentosi a soli 46 anni nella sua casa di Ödeshög, in Svezia. Era stato ribattezzato il gigante buono e a Bari, così come a Bologna e a Lecce, se lo ricordano bene. Un giocatore che anche, e soprattutto, oggi sarebbe al top del calcio italiano e non solo, che in campo e nello spogliatoio sapeva essere grintoso e autorevole come pochi, rispettato da tutti e infallibile in campo.

In Svezia è diventato negli anni uomo simbolo del calcio scandinavo. E non solo perché contribuì a portare la nazionale svedese fino allo storico terzo posto al Mondiale statunitense del ’94 insieme all’altro futuro biancorosso Kennet Andersson, ma anche perché ha commosso tutto il Paese per la sua determinazione nell’affrontare la malattia insieme alla voglia di allenare ancora. Per questo nella partita di ieri sera tra Elfsborg e Göteborg, i due club che lo hanno visto protagonista, l’uno allenatore, l’altro giocatore, lo hanno omaggiato con una fascia al braccio a lui dedicata e con uno striscione sugli spalti “Manchi sempre – mai dimenticato”

A Bari era un vero e proprio eroe, un uomo dall’aspetto scandinavo ma dal cuore meridionale. Con i biancorossi ha disputato centodue partite segnando 12 reti ed è ancora l’unico calciatore biancorosso ad avere il 100% di realizzazioni dal dischetto. Quando nel 1996 il Bari retrocesse dalla Serie A lui rimase senza alcun indugio e, i tifosi se lo ricordano bene, una sua doppietta nel derby interno contro il Lecce permise il vincente sprint finale verso la promozione in Serie A. Con i biancorossi contribuì a conquistare l’undicesimo posto nella massima serie.

Poi fu ceduto per una cifra non pari al suo reale valore al Bologna e anche lì si impose al centro del progetto tattico degli emiliani per due stagioni prima di finire in Francia con il Marsiglia e chiudere la sua esperienza da calciatore tornando in Puglia per indossare la maglia del Lecce.

Ingesson non è stato solo un calciatore, un ottimo calciatore. È stato un vero uomo, e non ci riferiamo all’accezione vetero maschilista dell’espressione ma alla sua integerrima dignità in campo e fuori, alla sua sportività e alla sua onestà indiscutibile. Era l’uomo che quando le cose andavano male nello spogliatoio, quando c’erano malumori tra compagni o con l’allenatore, si faceva rispettare mantenendo equilibrio e richiamando tutti all’ordine.

Quattro anni fa ci lasciava un uomo che anche nella sua partita contro la malattia ha lottato fino alla fine, a testa alta e senza mai perdere il suo spirito. In tempi difficili come questi ancora oggi, per chi se lo ricorda anche nella fase finale della sua vita, resta un esempio da seguire, un trascinatore anche per chi l’ha solo visto in tv.

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